La cottura raku, o seconda cottura, viene effettuata in un apposito forno, a pozzetto o a campana, in fibre ceramica leggera, ma si possono costruire piccoli forni anche con mattoni refrattari non cementati, dove la temperatura sale a circa 950 – 1000 °C.
Quando il colore del forno è di un arancio chiaro tendente al giallo e i pezzi invetriati sono lucidi, si procede all’estrazione. Il forno viene aperto e l’oggetto viene preso attraverso apposite pinze e immediatamente depositato all’aria a raffreddare, in alternativa immerso nell’acqua, questa è la vera tecnica raku. In tempi recenti, anni 70, scoperta questa tecnica di cottura, si è pensato di inserire i pezzi in un contenitore di metallo pieno di materiale combustibile (fogli di giornale, trucioli, segatura ecc.), che, bruciando a contatto dei pezzi incandescenti, provocando una grossa riduzione d’ossigeno. L’oggetto viene poi estratto nuovamente dal contenitore e immerso nell’acqua, dopo di che viene pulito per eliminare i segni della combustione e per far emergere i riflessi metallici in tutta la loro iridescenza e brillantezza.
Tali riflessi metallici o lustri si formano in assenza totale o parziale di ossigeno attorno ai 650-700 °C con questa tecnica cruenta, non bisogna dimenticare i famosi lustri Ispano Moreschi e quelli di Gubbio, erano ottenuti con assenza di ossigeno nella terza cottura, sempre alla stessa temperatura, ma nel forno di cottura allora a legna, chiudendo il camino, immettendo materiale, zoccoli di cavallo, resina, pece, nel forno e chiudendo anche il focolare, si otteneva la riduzione.
2 Febbraio 2016
RAKU